deriva.antropologica

mentre l'orchestra suona "Nearer, My God, to Thee"

La logica base della vita

Dice l’Ansa che gli scienziati stanno cercando la “logica base della vita”.

Conquiste del Socialismo cinese: la popolazione rurale diventa minoranza

E comunque secondo Nouriel Roubini la Cina sta rallentando.

Nuovi profeti: i pubblicitari del Gazzettino

Il giorno più bello della tua vita (via SComunica)

Nuovi profeti: Google

Un’esperienza indimenticabile. Just a screenshot.

Venerdì 13, downgrade all’Isola del Giglio

Questi tempi sono interessanti. Questi tempi – di reality show, di fiction e realtà – sembrano scritti da uno sceneggiatore di film catastrofisti, peraltro uno anche un po’ scarso.

Perché se c’è, è scarso davvero. La sceneggiatura manca in suspence. E’ tutto troppo scontato, anche il venerdì 13. Prendi le fameliche agenzie di rating che dominano il mondo. Standard & Poor’s ha appena tagliato la Francia, tagliato l’Italia, tagliato mezza Europa. Nulla di sorprendente, se ne parlava da tempo, l’epilogo è scontato. Si cola a picco inesorabilmente, come fosse scritto.

Giulio Tremonti ha evocato il Titanic, quand’era ancora ministro, quest’estate. Quando ne ha parlato si è lasciato scappare un lugubre «la prima classe non si salva», che qualcuno oggi potrebbe leggere come un terribile vaticinio del blitz di Cortina.

Quel che è certo è che in questa notte di downgrade continentale non si salvano tutti i vacanzieri della nave da crociera Costa Concordia che, partita alle 19 da Civitavecchia per un Giro del Mediterraneo e diretta a Savona, è andata in avaria nei pressi dell’Isola del Giglio e lì si è incagliata, per ora senza spiegazioni. A bordo c’erano 4200 persone. La nave si è inclinata e ha imbarcato acqua. Il salvataggio non è stato semplice e in questo momento si contano almeno 6 morti e 5 feriti.

NOTA PER I DEBUNKER: A parte che leggere “naufraghi portati sull’isola” nel sottopancia di Rai News non basta a pretendere paragoni inflazionati con Lost. In ogni caso a bordo della Costa Concordia non c’erano né Leonardo Di Caprio né Kate Winslett. Quindi qualsiasi teorema è destituito di ogni fondamento.

The Phacebookenomenology of Spirit

O tu che su Facebook™ scrivi uno status, clicchi mi piace sul tuo stesso status, lo commenti, ti autopiaci anche il tuo commento. E nessuno dice niente sul tuo capolavoro. Fatti delle domande.

La riuniòn de redasiùn

Giovedì 12 gennaio 2011. Sera. Riunione di redazione a La Padania. Luci al neon. A 5000 gradi kelvin la fotografia vira sul verde.

Caporedattore delle Province, Matteo Salvini:
– Be’, direi che bisognerà aprire sulla schifezza di oggi

Caporedattore degli Interni, Roberto Maroni:
– Ecco sì, scrivi che abbiamo salvato un camorrista. Dillo un po’ ai Padani.

Direttore, Umberto Bossi. Guarda Maroni, in silenzio, si asciuga il lato della bocca con la spalla, poi risponde:
– Sì, facciamo un bel titolo sul voto di oggi. Abbiamo vinto. E’ la notizia del giorno.

Maroni:
– Ma cosa abbiamo vinto? Abbiamo fatto la figura dei cioccolatai. Votiamo per l’arresto in giunta poi due giorni dopo cambiamo idea e salviamo il culo a quello lì, che oltretutto è anche napoletano e ci ha il nome da calabrese.

Bossi: 
– Bobo, sei un bravo ragazzo e io su di te ci puntavo davéro. Sei stato un bravo ministro e ti rispetto. Ma se alla fine mi sono accontentato del Trota fatti delle domande. Stai facendo il gioco di quegli imbrattacarte leccaculo del goërno Monti che non vedono l’ora che ci spacchiamo.

Salvini:
– Capo, sì, però basta con questo Berlusconi. Io non ce la faccio più a fare favori a tutta questa gentaglia, che se era per me li facevo tutti viaggiare sul metrò in vagoni a parte.

Bossi:
– Buono Salvini, buono. Fai così: Metti una bella cartina dell’Europa, tipo una vista dal satellite. Sceglila che sia di giorno, così è tutto verde.

Maroni:
– Ma ti stai rincoglionendo davvero? Allora è vero quello che dicono sulle conseguenze dell’ictus.

Bossi (lo ignora e continua a parlare a Salvini):
– Poi titola: «L’Italia non conta». Anzi, titola «L’Italia non conta» e poi, sulla cartina, scrivi «All’estero vogliono solo la Padania». No, ‘spetta, troppo lungo. Scrivi: «All’estero vogliono la Padania». E ci metti la mia firma sotto, come una cambiale, in basso a destra.

Salvini (ammirato):
– Sì…

Bossi: 
– «All’estero vogliono la Padania» piazzalo in alto sulla foto, in modo che sembri un titolo su due righe, però fai le due parti in due colori diversi: «L’Italia non conta» in blu, «All’estero vogliono la Padania» in giallo, e con un font appena più piccolo. Che si veda bene che il titolo vero è «L’Italia non conta». Perché a noi non ce ne frega un cazzo dell’Italia. E’ una mortavivente. E’ il Titanic, e a questo punto è meglio preparare le scialuppe. Che si tengano quel teròne camorrista, affari loro. Se lo facevamo arrestare Berlusconi impazziva. Faceva il diavolo a quattro e faceva cadere il governo, anche solo per dispetto.

Salvini (confuso):
– Ma noi siamo contro questo governo. Perché allora non abbiamo fatto così? Mandavamo a casa Monti e tutti quei tecnici che-sanno-tutto-loro

Bossi:
– No, Salvini, non possiamo mandare a casa Monti, se andiamo al voto gli elettori ci ammazzano. Meglio aspettare, meglio prendere tempo, fare opposizione dura e riconquistare il consenso. Hai capito adesso, Bobo? Senti Salvini, tu finisci questa prima pagina. Fai tre box sotto il fotone, c’è un editoriale per dire che la rotta non cambia, caschi anche la Terra, ché a noi non ce ne frega un cazzo nemmeno della Terra, c’è solo la Padania. Poi la polemica sullo stipendio di Monti e l’intervista a Massimo Fini che si riscopre leghista. Ah, nel taglio fai un bel titolone sul referendum e sottolinea che il centrosinistra esplode. Non scrivere centrodestra da nessuna parte, nemmeno per sbaglio. E nemmeno il nome del napoletano, non voglio vederlo. C’è la mozione genovese contro la moschea a Genova e la manifestazione di Milano. Se riesci scrivi «Pisapia Merda». Ora mi avete rotto i coglioni e me ne vado, mi sta per partire il volo per Dar es Salaam.

E venne il giorno

La banca centrale ceca scarica la Grecia: «Inutili i prestiti, meglio che esca dall’euro»

I prestiti ricevuti finora dalla Grecia? «Sono serviti soprattutto a guadagnare tempo e a consentire ai greci ricchi di esportare il loro denaro fuori dal Paese».

L’accusa arriva dal governatore della banca centrale ceca Miroslav Singer che in un’intervista rilasciata al quotidiano Hospodarske Noviny – e ripresa dalla Reuter – riduce al lumicino le speranze di un futuro nell’Eurozona per Atene: «Se non c’è l’intenzione di concedere alla Grecia finanziamenti consistenti dai fondi strutturali europei – dice Singer – non vedo altra soluzione che la sua uscita dall’euro e una massiccia svalutazione della conseguente nuova moneta ellenica».

Il requiem arriva da un paese come la Repubblica Ceca, membro dell’Ue ma con nessuna intenzione di adottare l’euro nel prossimo futuro, e ha il sapore dell’avvertimento. Singer sottolinea che l’Europa dovrebbe puntare sugli aiuti alle banche che avrebbero bisogno di ricapitalizzare piuttosto che perdere tempo con una Grecia che rappresenta appena il 2 per cento dell’economia continentale e aggiunge: «Tutto ciò riduce la fiducia nell’Europa e la disponibilità dei paesi non europei a concedere nuovi capitali al Fmi per aiutarla».

Morire per l’euro? Lo spettro della guerra

In pochi l’hanno ripreso, ma nelle scorse ore il presidente francese Nicolas Sarkozy se n’è uscito con una frase dal notevole peso specifico: «La fine dell’euro significherebbe la fine dell’Europa, la fine della pace».

Un’affermazione che, in quest’ultimo periodo, ogni tanto, riemerge nei dibattiti e scompare, come un fiume carsico. E che forse, proprio per questa rimozione generale, va presa in seria considerazione.

A parlare di prospettive drammatiche, ad esempio, è stato poco più di una settimana fa – il 29 dicembre – il sottosegretario all’economia Gianfranco Polillo che, ospite a Piazzapulita, ha dichiarato esplicitamente che «la dissoluzione dell’euro sarebbe catastrofica, catastrofica nel senso di guerra». Nessuno ha fatto una piega e la trasmissione è andata avanti come nulla fosse.

A ottobre era stata un’altra protagonista delle vicende continentali a mettere in guardia sul prossimo futuro, nientemeno che la presidente tedesca Angela Merkel secondo cui «nessuno può considerare garantiti altri 50 anni di pace in Europa». E un mese prima un concetto simile è stato espresso di fronte al Parlamento europeo dal ministro delle finanze polacco Jacek Rostowski che ha profetizzato una guerra «nel giro di dieci anni» se l’Eurozona crollerà a causa della crisi del debito.

Suggestioni da 2012? Emotività dal sen sfuggite a personalità che di solito emotive non sono? Chissà. Quel che è certo è che le grandi crisi hanno spesso avuto, storicamente, come sbocco una bella guerra. Così com’è storicamente certo che i periodi di pace, in Europa, siano le eccezioni. Le generazioni nate dopo la Seconda Guerra Mondiale sono cresciute in questa condizione e la vivono come la normalità. Ma è davvero così?

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UPDATE: Su suggerimento di @Quino_Roscio aggiungo un’altra dichiarazione che mi era sfuggita, ossia quella del ministro della Difesa Giampaolo Di Paola che, nelle cronache riportate da Repubblica lo scorso 2 dicembre, parla di tagli e afferma: «Non possiamo licenziare, ci vorrebbe una guerra, o un terremoto». L’autore dell’articolo commenta: «Dicono che abbia scherzato».